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Dopo la congiura dei Pazzi e la riconciliazione con Sisto IV, Lorenzo il Magnifico invia a Roma i suoi artisti prediletti – Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli – ad affrescare la Cappella Sistina. Qui lavoreranno insieme a Perugino, Pinturicchio e Signorelli per dar forma a un capolavoro senza tempo.
25 Novembre 2022 | La redazione di farwill.it
Il ciclo pittorico della Cappella Sistina prevedeva nella fascia mediana 16 riquadri ad affresco rappresentanti 8 storie della vita di Mosè (Antico Testamento) e 8 storie della vita di Cristo (Nuovo Testamento), messe in dialogo le une di fronte alle altre. Da un lato c’era una continuità tra Antico e Nuovo Testamento: Cristo è come Mose, è colui che porta la salvezza. D’altra parte veniva indicato un superamento, da un’umanità sub lege (sottoposta alla legge di Mosè) a un’umanità sub gratia (che dalla nascita di Cristo soggiace alla grazia). Non a caso l’Antico Testamento è rappresentato con storie cruente, di violenza e vendetta, mentre il Nuovo presenta episodi ecumenici di bontà. Il complesso progetto iconografico, che implicava anche puntuali rimandi alla Cabala cristiana, fu probabilmente opera dello stesso Sisto IV e del Platina, il quale tra l’altro fu autore delle epigrafi che accompagnano, nella fascia superiore, la rappresentazione dei papi, a cominciare da San Pietro.
La grande devozione del culto mariano da parte di Sisto IV fu centrale anche nella Sistina, che è dedicata all’Assunzione della Vergine. Nel 1480 il pontefice affida a Perugino la decorazione della parete centrale, che verrà in seguito distrutta per far spazio al Giudizio universale di Michelangelo. Al centro stava una pala d’altare con l’Assunzione della Vergine, e ai lati i primi due riquadri delle storie dall’Antico e dal Nuovo Testamento: il Ritrovamento di Mosè e la Nascita di Cristo.
Anche di quest’opera possediamo una testimonianza grafica, che mostra una composizione simile a quella della cappella in San Pietro. In alto la Vergine che assurge in cielo circondata da una mandorla di cherubini, serafini e intorno angeli musicanti; in basso i dodici apostoli e, inginocchiato, Sisto IV. Da questo disegno alcuni critici hanno ipotizzato una realizzazione della pala a più mani, che avrebbe visto l’intervento di Pinturicchio, allievo di Perugino, soprattutto nella parte superiore del dipinto. Gli artisti di primo piano erano infatti soliti avere una bottega, dove giovani artisti seguivano un apprendistato e collaboravano con il maestro alle commissioni che riceveva. Nella Cappella Sistina Perugino si avvarrà anche di Andrea d’Assisi detto l’Ingegno e di Giovanni di Pietro detto lo Spagna, che alla sua morte ne erediterà la bottega.
Nel 1481 dobbiamo immaginare la Cappella Sistina come una fucina di ingegni e creatività. A Perugino e Pinturicchio si aggiunsero gli artisti del Magnifico. Abbiamo un contratto, datato 27 ottobre, in cui la decorazione della Sistina viene commissionata a quattro pittori nominati in ordine crescente di anzianità: Cosimo Rosselli, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino. Qual era il rapporto tra di loro? C’era un direttore dei lavori? Se ci atteniamo a un dato numerico, Perugino è l’artista che esegue più episodi nella cappella, cioè cinque: i due riquadri sulla parete centrale più la Partenza di Mosè per l’Egitto, il Battesimo di Cristo e la Consegna delle chiavi. Inoltre Sisto IV gli aveva affidato la decorazione del posto d’onore, la parete con la pala d’altare. Nelle Vite, Giorgio Vasari, che aveva una visione fiorentino-centrica e non avrà un giudizio proprio imparziale su Perugino, indicava addirittura Botticelli come coordinatore dell’impresa nel suo complesso. In realtà alcuni studiosi tra cui Arnold Nesselrath hanno evidenziato come nel contratto i quattro pittori sono nominati allo stesso modo, quindi probabilmente si deve immaginare una collaborazione alla pari. Certo è che nel suo insieme, lo stile degli affreschi della Sistina risulta piuttosto omogeneo: i personaggi sono collocati su una stessa linea di orizzonte, ci sono poi precise rispondenze iconografiche, Cristo vestito di blu e di rosso (i colori araldici dei della Rovere), Mosè di giallo e di verde. In quanto iniziatore dei lavori, Perugino ha contribuito a dettare un’impostazione cui gli altri artisti si sono adeguati, mantenendo comunque ciascuno una propria riconoscibilità.
Questo significa anche che i pittori lavorano come una squadra. Li immaginiamo l’uno accanto all’altro sulle impalcature, ognuno intento a completare una parte, per poter finire in tempo l’opera e rispettare i termini del contratto. Alcuni studiosi hanno ad esempio ipotizzato che nelle Prove di Mosè assegnato a Botticelli, ci sia la mano di Pinturicchio per quanto riguarda gli alberi e i paesaggi.
A un certo punto, forse per velocizzare i lavori, a cominciare dagli ultimi sei riquadri, questi artisti chiameranno i loro collaboratori, che non sono citati nel contratto ma che conosciamo dalle fonti: a Pinturicchio subentra Luca Signorelli, a cui verrà affidata la realizzazione di un episodio intero, il Testamento e morte di Mosè, che vede la mano anche di Bartolomeo della Gatta, il quale probabilmente collabora alla Consegna delle chiavi di Perugino; accanto a Domenico Ghirlandaio troviamo il fratello, Benedetto; con Cosimo Rosselli gli allievi Biagio d’Antonio e Piero di Cosimo.
Nel 1522, con il crollo dell’architrave della parete di fondo, si perdono gli affreschi del Testamento e morte di Mosè e della Resurrezione di Cristo di Ghirlandaio. Essi verranno rifatti intorno al 1572 da due artisti minori di quell’epoca: Matteo da Lecce e Hendrick van den Broeck.
Tra i tanti rimandi all’attualità del tempo contenuti negli affreschi della Sistina e che oggi si possono leggere solo parzialmente, gli studiosi hanno provato a scovare quelli relativi alla famiglia dei Medici. Vediamoli da vicino in due episodi eseguiti da Botticelli.
Nelle Prove di Mosè, la scena ha inizio sulla destra con Mosè in primo piano che uccide un egiziano perché aveva percosso un ebreo. Alcuni ritengono che questo episodio possa alludere all’uccisione di Giovanni de’ Medici durante la congiura dei Pazzi e alla fuga di Lorenzo, che si mette in salvo.
Al centro del quadro è rappresentata una quercia, stemma della famiglia della Rovere, mentre accanto ci sono alberi d’arancio che alludono ai Medici – le arance richiamavano la forma dello stemma mediceo.
Nelle Prove di Cristo, la figura alla sinistra del sacerdote, abbigliata elegantemente e che fa un saluto di omaggio, richiama la legazione che dopo la rappacificazione tra Lorenzo e Sisto IV fu mandata a Roma: anche se il giovane non presenta i tratti caratteristici di Lorenzo, è chiaro che si tratta di un personaggio contemporaneo.
La decorazione della Cappella Sistina fu portata a termine nel maggio del 1482. La prima messa viene celebrata il 15 agosto 1483, giorno dell’Ascensione di Maria. Accanto alla pala d’altare il richiamo principale alla Madonna era costituito dal soffitto stellato che andava a completare il programma decorativo: in seguito all’Ascensione, Maria diveniva porta coeli e Regina coeli e il suo attributo era quindi un mantello blu coperto di stelle. Di questo cielo paradisiaco, realizzato da Piermatteo d’Amelia con il blu di lapislazzuli, abbiamo un disegno di Antonio da Sangallo.
Quando Michelangelo si accinge ad affrescare la volta cambierà radicalmente soggetto scegliendo episodi dal libro della Genesi. Egli rappresenta in questo modo l’umanità ante legem, prima dei dieci comandamenti, andando a costituire l’antefatto ideale al programma iconografico che continua lungo le pareti fino a raggiungere il suo culmine in quella di fondo, con il Giudizio universale.
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